Uno dei primi documenti sulle origini del Prosecco è della fine del Cinquecento. Tra il 1591 e il 1595 l’inglese Fynes Moryson, durante il suo viaggio attraverso l’Europa si ferma in Italia e scrive un libro che pubblica qualche tempo dopo, nel 1617. Nel suo libro, An Itinerary, Containing his Ten Yeeres Travell, scrive di aver passato il fiume Tagliamento, essere uscito dallo stato veneziano e di essere entrato nell’arciducato austriaco:
Qui cresce il vino pucino, ora chiamato prosecho, molto celebrato da Plinio
Il prosecco antico
È il primo riferimento al prosecco in un documento scritto. A parte questo accenno però, nient’altro è chiaro: non si sa a quale vino ci si riferisca e il riferimento al pucino citato da Plinio il Vecchio non aiuta granché: oggi non sappiamo nemmeno se il pucino fosse bianco o rosso. Probabilmente era rosso, semplicemente perché le uve bianche e rosse venivano pigiate insieme.. Plinio accennava semplicemente che presso le sorgenti del fiume Timavo si produceva del vino. Il fiume nasce in Croazia, a pochi chilometri dal confine con la Slovenia, e sfocia a Duino in provincia di Trieste. A pochi chilometri da lì si trova la cittadina di Prosecco, ancora nel comune di Trieste.
Molto probabilmente con prosecco ci si riferiva al ‘Castellum nobile vino Pucinum’, un vino prodotto nei pressi del castello di Prosecco, secondo Plinio particolarmente gradito a Livia, moglie dell’imperatore Augusto. Se il pucino è il prosecco, inteso come uve, allora le origini del Prosecco sono davvero antiche.
Dopo la citazione di Moryson dobbiamo arrivare al 1652 per trovare ancora un riferimento scritto sul prosecco, grazie al letterato padovano, Carlo de’ Dottori. Nel suo poema eroicomico L’asino, in cui si firma Iroldo Crotta racconta una guerra divertente combattuta a colpi di cibo e di vino tra Padova e Vicenza. Arrivano poi come terzo incomodo i friulani che si erano portati appresso anche il bottigliere, che li riforniva di vino di Prosecco e di cacio asino. De’ Dottori spiega che questo prosecco è proprio il famoso pucino dei romani. Un altro scrittore originario del Polesine, Girolamo Brusoni, pubblica nel 1657 ancora una commedia comica, dove si introduce un tale che: “in meno di un’ora si bevve tredici bicchieri di prosecco, moscato e malvagia”.
Origini del Prosecco nei poemi
Il prosecco quindi è un vino ben conosciuto, anche se non nei colli trevigiani dove nasce oggi, ma non c’erano indicazioni su che tipo di vino fosse, se vinificato in purezza o insieme ad altre uve locali. Tra i vari documenti ritrovati successivamente, c’è un ordine di acquisto dei primi del ‘700 dove il parroco di Latisana, in provincia di Udine, ordina di comprare refosco, prosecco e moscato. Occorre però arrivare almeno al 1754 per capire che tipo di vino fosse questo vino, il Prosecco di cui si scriveva da 150 anni. Nella composizione ironica intitolata Il Roccolo Ditirambo, di Valeriano Canati, si legge infatti:
Ed or ora immolarmi voglio il becco/ con quel melaromatico prosecco/ di Monteberico questo perfetto/ prosecco eletto ci dà lo splendido nostro canonico. Io lo conosco/ egli è un po’ fosco, e sembra torbido;/ ma pur è un balsamo sì puro e sano/ che solo un macaco sguaiato impazzato/ dir potria, ch’è miglior vino del prosecco del Ghellino
In questo caso però si parla di un vino aromatico, dolce (melaromatico) e che non si trova su colli di Valdobbiadene e Conegliano, a Treviso, ma a Monteberico, nel vicentino. La prima citazione enologica per le origini del prosecco invece la troviamo nel 1772, in una relazione di Francesco Maria Malvolti presentata all’Accademia di Conegliano, fondata nel 1769. Da qui inizia l’accostamento fra prosecco e le colline di Conegliano Valdobbiadene, reputato il miglior territorio per queste uve.
Nasce il Prosecco moderno …
Una miglior spiegazione del prosecco arriva nel 1864 grazie al veneziano Giovan Battista Semenzi. In un suo saggio sulla provincia di Treviso, parla delle uve dei colli di Conegliano e dei vini che producono, come prosecco e bianchetta. Aggiunge anche che sono vini molto apprezzati in Carinzia e in Germania. Tutto questo fa supporre, perché non ci sono indicazioni precise, che il prosecco non fosse un vino in purezza, ma conteneva anche parti di vino prodotto da uve locali; oltre la bianchetta c’era il verdiso e la perera. Queste ultime due esistono ancora, sebbene in quantità davvero minima, che oggi vengono usate per la produzione di un vino locale dolce, il Conegliano Torcolato o Torchiato) di Fregona DOCG.
Solamente dalla metà del 1800 l’uva prosecco, come si sarebbe chiamata fino al 2009 quando prese il nome di glera, si inizia ad essere vinificata da sola. Nel 1868 il conte Balbi Valier isola un clone di prosecco più adatto, migliore degli altri. Produce un libretto con le indicazioni sulla coltivazione di questo clone che verrà chiamato prosecco di Balbi.
… e con le bollicine
Stiamo però parlando di un vino fermo, non uno spumante. Nel 1868, sfruttando proprio il prosecco di Balbi, Antonio Carpené fonda la sua azienda vinicola con l’intenzione di produrre spumante. Il metodo classico, quello della rifermentazione in bottiglia, non è però adatto a questo vino. Nel frattempo viene fondata, nel 1876, la Scuola Enologica di Conegliano, la prima in Italia di questo tipo. Quasi trent’anni dopo, nel 1895, il piemontese Federico Martinotti perfeziona il metodo della rifermentazione in autoclave, e questo metodo verrà usato proprio da Carpené per iniziare a produrre il primo Prosecco Spumante. In questo post potete leggere come viene prodotto e qualche consiglio di abbinamento.
A questo punto la fortuna del Prosecco è già iniziata, sebbene sia solo negli anni ’60 che si vedrà uno sviluppo di mercato importante, con la nascita della prima strada del vino proprio per il Prosecco di Valdobbiadene e Conegliano. Nel 1969 diventa una DOC e nel 2009 il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene diventa DOCG, una zona ristretta di alta qualità per questo vino. La zona è rimasta limitata, insieme ad Asolo e al Valdobbiadene Superiore di Cartize.