Quando si parla di orange wine, o semplicemente di bianchi macerati, stiamo parlando di vini prodotti con uve a bacca bianca e vinificate come vini rossi, ossia con un periodo di macerazione a contatto con le bucce con una durata che varia da qualche giorno a diversi mesi. Questo permette ai vini di acquisire tannini, polifenoli e sostanze aromatiche che li rendono diversi sia dai bianchi sia dai rossi. Per la fermentazione sono usati solo lieviti spontanei, indigeni, quindi niente lieviti aggiunti, e per questo sono associati alle pratiche naturali o addirittura biodinamiche, ma sicuramente l’attenzione alla pulizia delle uve e alla loro sanità è piuttosto alta.
La nuova vecchia moda dei vini macerati
Degli abbinamenti parlo alla fine del post, ma se non ne avete mai bevuti vi consiglio di farlo, magari in compagnia di chi già li ha assaggiati, visto che la prima volta che li bevete vi lasciano un po’ spiazzati. I dati di vendita indicano un aumento di oltre il 60%, e le ricerche di orange wine sui marketplace sono aumentate dell’80%. I giovani insomma sono sempre alla ricerca di novità e qualche wine bar inizia a servire vini macerati come bibita dissetante per l’estate.
L'origine degli Orange wine va ricercata nell'attuale Georgia, il punto d’ingresso del vino in Europa. Il vino più antico è stato ritrovato in una grotta vicino Tblisi, la capitale della Georgia, un vino di più o meno 8000 anni fa, ne ho parlato nell’episodio sui vini antichi un paio di settimane fa e trovate un post anche qui nella newsletter. I vasi in cui fu ritrovato questo vino antico, o meglio i suoi resti, si chiamano Kvevri, anfore di argilla.
I primi vini macerati di un certo successo qui in Italia sono stati i vini sloveni, così come alcuni vini dell’Emilia che però erano molto più bevibili dei vini dell’est Europa, soprattutto quelli georgiani. Ricordo il primo anno in cui vennero un certo numero di viticoltori georgiani a ViniVeri, l’evento dei vini naturali che si tiene a Cerea, ed i loro vini erano a volte davvero molto spinti, non adatti a essere bevuti da soli ma sicuramente ottimi abbinati con i piatti giusti, quelli delle loro tradizioni.
Chi li fa macerare a lungo, chi meno, chi usa uve locali e chi invece le importa da fuori, ma in ogni caso ogni produttore ci mette del suo, lasciando poi che sia l’avventore, il bevitore, il wine lover, a trovare l’equilibrio giusto fra il vino e i piatti tipici del luogo.
Questa dei vini macerati è una tradizione contadina antica, di prima che venissero costruiti i macchinari per eliminare immediatamente le bucce. In Friuli, Emilia, Veneto e Liguria vengono ancora prodotti vini bianchi macerati sulle bucce. In Italia la regione che è più vicina ai vini orange è sicuramente il Friuli Venezia Giulia, in particolare nel territorio di Oslavia, in provincia di Gorizia, nelle immediate vicinanze della Slovenia. Sono vini di confine, pieni di mescolanze, di contaminazioni buone, di tradizioni che vengono modificate e migliorate per essere tramandate. Alla fine degli anni novanta ci fu una vera e propria rivoluzione che ha ripreso le tradizioni ma con una maggior attenzione di tutto il ciclo produttivo. Se devo fare un nome, allora sicuramente è di Josko Gravner la “folgorazione” sui vini macerati, il ritorno a questo modo antico di fare il vino usando le conoscenze moderne.
Gravner e Radikon
Gravner iniziò a sperimentare la vinificazione nelle anfore georgiane nel 1997 e le prime bottiglie uscirono in commercio nel 2001. Nella vinificazione della ribolla gialla usava anche i raspi, rimanendo sulle bucce per circa sei mesi, e poi veniva trasferito in grandi botti di Slavonia per essere invecchiato diversi anni. Altro nome importante è quello di Stanko Radikon, che scelse invece di usare tini di rovere aperti per la fermentazione, senza i raspi. Tre mesi di macerazione, nessuna aggiunta di solfiti, un affinamento di tre anni in botte grande e altri due in bottiglia.
La zona del Collio goriziano e del Carso triestino sono diventati davvero la culla dei vini macerati in italia. Anche in Emilia c’è una buona produzione di vini macerati che riprendono la tradizione tipica di questi luoghi, con vini perfetti in abbinamento ai tipici cibi della regione, un po’ grassi, come la coppa o il culatello, e con le zuppe di legumi.
Come si bevono gli Orange Wines?
Proprio perché contengono i tannini, non vanno serviti freddi, quindi non teneteli in frigorifero o nella parte alta della cantinetta. Un altro consiglio è di lasciarli respirare un po’ prima di berli, si stappa la bottiglia e si lascia così aperta, magari versando un bicchiere per abbassare il livello. Una mezz’oretta basta, non è necessario di più, ma comunque proprio perché hanno un corpo molto strutturato sono adatti ad essere invecchiati per qualche anno, dipende da quanto è stata lunga la macerazione sulle bucce. Un altro suggerimento. Se avete intenzione di tenerli per qualche tempo nella vostra cantina, meglio tenere le bottiglie in posizione verticale, anziché sdraiate, perché in genere gli orange wine non vengono filtrati, quindi mantengono lieviti e fecce nella bottiglia, e tenere la bottiglia verticale aiuta a far depositare in fondo le fecce.
Praticamente ogni tipologia di uve bianche può essere usata per produrre vini macerati, in Slovenia, Friuli e Austria si usano chardonnay e sauvignon blanc, il pinot grigio quando viene vinificato con il contatto con le bucce dà luogo a quello che si chiama Ramato, dal colore che prende. In emilia la Malvasia di Candia, la Vitovska ovviamente in slovenia e italia del nord est, come la ribolla gialla, o Rebula.
Volete sapere un macerato che adoro? Ageno, dell’azienda vinicola La Stoppa.
Abbinamenti
Gli orange wine a tavola hanno grandi possibilità, grazie agli aromi, la fragranza, il sapore intenso, persistente. Possono essere abbinati ad un gran numero di piatti, di cibi, di preparazioni. E visto che sono così ampi di gusto e aromi, è anche più facile sbagliare gli abbinamenti, è necessaria un po’ più di attenzione. Ad esempio con il pesce i vini macerati sono molto adatti, specialmente con quelli di lago, più grassi rispetto a quelli di fiume o di mare. Si adattano molto bene con il pesce crudo, come nella cucina giapponese, e naturalmente a carne e selvaggina ma a differenza degli accostamenti tipici dei vini rossi, gli Orange Wines si rivelano ideali se la carne è aromatica e speziata, ad esempio carne di agnello o capretto insaporita con spezie fragranti, e se sono stati ottenuti da macerazione prolungata allora si possono provare con formaggi erborinati o di media stagionatura.
Possiamo andare dalla parmigiana di melanzane alle verdure in tempura, e questo ventaglio di abbinamenti dipende dal tipo di uve usate, dal tempo di macerazione, dall’invecchiamento. Possono essere adatti con i piatti marocchini speziati di cumino o il curry indiano. Quindi, prima di lanciarsi in qualche abbinamento spericolato, sempre meglio fare qualche prova.
Nel 2022 il mercato degli orange wine valeva poco più di 40 milioni di dollari, con una previsione di crescita del 5%. Rispetto ai valori miliardari del mercato globale di tutto il vino, in effetti è davvero poco, ma è interessante proprio la previsione di crescita, piuttosto alta e che mostra che non è solo un fenomeno di nicchia e che i vini orange iniziano ad essere interessanti soprattutto per la quasi naturale capacità di abbinamento con i piatti asiatici. Inoltre i vini orange hanno un bel colore, cosa che per gli aperitivi è sicuramente gradita, ed un sapore del tutto diverso dai soliti vini, ed anche questo va nella direzione della voglia di trovare gusti sempre nuovi nei drink. In questo caso, dunque, non è nemmeno necesario fare dei mix fra vini macerati e succhi di frutta, come per altri drink, perché il sapore e l’aroma di un orange wine è già inconfondibile di per se.
A proposito, anni fa in Australia si lamentarono dicendo che non bisognava più chiamarli Orange wine, perché Orange è il nome di una città australiana nel nuovo galles del sud. La città ovviamente non si chiama così perché è arancione, ma perché così la ribattezzò nel 1829 il maggiore thomas Mitchell, in onore del principe francese guglielmo di Orange, che aveva combattuto con lui in Spagna. E Orange era appunto il nome del principato, costituito nel 1100 da Federico Barbarossa, principato che si trovava nel sud della Francia.