Ciao
In questa newsletter:
Le avvertenze sulle etichette degli alcolici sono presenti anche in USA
Le linee guida del Canada sul consumo di alcolici
Il commercio del vino sfuso
Il mercato No-Low Alcol
Etichette sul vino esportato negli USA
Già da anni si chiede che anche il vino, come gli alimenti, riporti in etichetta la lista dei componenti, una richiesta a cui i produttori si sono sempre opposti. Entro la fine di quest’anno, però, sulle bottiglie di vino dovranno essere descritte in etichetta alcune informazioni, tra cui avvertenze di non bere in gravidanza o prima di mettersi alla guida, la quantità di alcol contenuta in bottiglia (in mg) e se sono presenti allergeni di qualche tipo. Delle etichette digitali e della risoluzione EU che le introduceva ne avevo parlato in questo post, mentre su Vinix ho spiegato cosa stavano facendo in collaborazione SpritsEurope. In sintesi, verranno introdotti de QR-Code nelle etichette che porteranno ad una pagina web con tutte le indicazioni nutrizionali del vino contenuto nella bottiglia, oltre a molte altre informazioni. La stessa regola vale per tutti i vini venduti nell’Unione Europea, anche quelli importati ad esempio dagli USA.
In California esiste già una etichetta simile, conseguenza di una petizione del 2003 che gruppi di consumatori hanno indirizzato alla commissione USA del TTB, l’ufficio per il commercio di tabacco e alcolici. Negli Stati Uniti gli alimenti sono sotto il controllo della FDA (Food&Drugs Administration), mentre il vino e gli alcolici sono di competenza del TTB (Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau). È però la FDA a decidere sulle tematiche relative alla salute e alla sicurezza di cibo e bevande.
Le regole verranno introdotte quest’anno, per i nuovi vini dovremmo già vederle con l’annata del 2022, mentre da dicembre 2023 dovranno essere aggiunti dei pittogrammi che ricordano di non mettersi alla guida se si è bevuto, che l’alcol è vietato ai minori e sconsigliato alle donne in gravidanza. Le nuove indicazioni sono riportate a questa pagina di Civiltà del Bere.
Nelle informazioni contenute nel QR-Code saranno presenti anche i famigerati componenti del vino, indicando ad esempio se contengono allergeni o componenti aggiunti, oltre alla già presente indicazione sui solfiti.
Negli USA la questione è piuttosto sentita, soprattutto in California dove sembra che i consumatori siano più attenti alla salute, anche se qui si potrebbe aprire un discorso infinito fatto di protezionismi vari, dazi da togliere e mettere ed in ogni caso limitare il vino europeo che circola oltre oceano. Sul sito della FDA sono riportate le etichette con i valori nutrizionali e la quantità media di bicchieri contenuti nella bottiglia (qui vedete 8 bicchieri). In un articolo del 2021, Wine Spectator riportava una sintesi del percorso che ha condotto le cantine americane ad introdurre queste etichette.
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Il Canada e le sue linee guida sul consumo di alcolici
Pur non introducendo etichette obbligatorie sulle bottiglie di alcolici (vino, birre, distillati, …), anche il governo canadese ha fatto proprie le raccomandazioni sul consumo degli alcolici per quel che riguarda la salute. Sono naturalmente le stesse che abbiamo letto in questi giorni a proposito del dibattito sulle etichette irlandesi (vedi la mia newsletter numero 152). Viene quindi introdotto il concetto di No Safe Level, ossia che non esiste un livello minimo accettabile per quel che riguarda l’alcol, ma si specifica anche che in ogni caso il consumo limitato introduce un basso rischio per la salute. Fino al 2021 si dava come consumo consigliato non più di 10 bicchieri a settimana per la donna e 15 per l’uomo, mentre da quest’anno le indicazioni sono più stringenti, definendo come ‘basso rischio’ un consumo di 2 bicchieri a settimana, ‘rischio moderato’ fino a 6, ‘rischio elevato’ per 7 bicchieri o più. Qui potete leggere il report del Canadian Center on Substance Use and Addiction. Le quantità da non superare non sono uniformi in tutti i Paesi, ma in genere un consumo minimo tollerato è sempre attorno ai 2 bicchieri al giorno.
La questione del legame fra alcol e salute si fa comunque sempre più pressante, per i produttori e soprattutto per i governi che devono barcamenarsi fra un’industria miliardaria e la salute dei propri cittadini. Probabilmente questo sarà un incentivo per i vino No-Low Alcol che già oggi stanno acquistando sempre più peso nel commercio mondiale, anche se siamo a livelli davvero minimi rispetto ai vini diciamo tradizionali.
Anche la Norvegia sta lavorando sulla stessa linea: la direzione generale del ministero della salute norvegese è stata incaricata di valutare la possibilità di introdurre etichette di avvertenze sulla salute da applicare sugli alcolici. Analogamente al Canada e agli Stati Uniti, nonché all’Europa da quest’anno, le indicazioni dovranno riguardare il pericolo di bere prima di guidare e ai danni provocati per le donne in gravidanza.
Il commercio del vino sfuso mondiale
È molto tempo che non parlo di vino sfuso, definito come vino trasportato e venduto in contenitori e non in bottiglia; a seconda dei mercati la dimensione del contenitore può cambiare (> 60 litri per l’Europa), ma comunque si tratta di vino venduto non imbottigliato. La WBWE tiene una conferenza annuale che l’anno scorso ha visto la partecipazione di 250 espositori e 6500 aziende vinicole da 75 paesi del mondo.
Il vino sfuso viene spesso poi imbottigliato dalle grandi catene di distribuzione e dalla GDO che poi rivendono le bottiglie sotto i propri marchi, ed è inoltre utilizzato dai produttori di vino in lattina e di bevande alcoliche a base di vino, i cosiddetti hard selzers. Gli Stati Uniti sono grandi produttori e consumatori di vino sfuso, con oltre 3,8 milioni di ettolitri importati; il loro export è circa il 35% di tutto il vino prodotto negli USA. In totale il vino sfuso rappresenta il 38% di tutto l’export mondiale del vino.
È un mercato in crescita con oltre 40 milioni di ettolitri venduti nel 2021, rispetto ad un totale mondiale di circa 250 milioni di ettolitri, ed un valore di 3,4 miliardi di €. I dati della WBWE (World Bulk Wine Exhibition) riportano invece 36,83 milioni di ettolitri. Fare delle stime non è mai semplice, ma nel 2021 a fronte di un aumento del vino sfuso in commercio (+7% rispetto al 2020) si è verificata una diminuzione di prezzo al litro. Su I Numeri del Vino trovate tutti i grafici relativi a questo mercato.
La Nuova Zelanda sta contendendo alla Spagna il primato di vendite di vino sfuso, entrambe nell’ordine dei 500 milioni di euro (544 M€ Spagna, 500M€ NZ); va però sottolineato che mentre la Spagna ne vende 13 milioni di ettolitri, la Nuova Zelanda si attesta attorno ai 3 milioni di ettolitri, e quindi con una performance per litro nettamente superiore. Il prezzo del vino sfuso spagnolo è di 0,38€/litro, per quello della Nuova Zelanda siamo a 0,60€/litro.
L’Italia quindi scende in terza posizione, dopo Spagna (40€/hl) e Nuova Zelanda (250€/hl), con un prezzo di 90€/hl ed un export di 4,1 milioni di ettolitri. La Francia esporta il suo vino sfuso a 216€/hl.
A livello mondiale (dati WBWE) , nonostante un aumento del vino sfuso esportato (+3,7%), si è verificata una diminuzione in valore (-5,1%), portando il prezzo medio a 0,68€/litro. Il dato più significativo però è quello relativo al Regno Unito. Non esportano vino ma sono, o sono stati, i più importanti rivenditori al mondo di vino sfuso. Nel 2019 e nel 2020 hanno commercializzato più di 20 milioni di ettolitri, con un valore di 56 milioni di €, nei due anni precedenti erano arrivati a 30 milioni di ettolitri. Il 2021 invece ha mostrato un calo di ben il 98%, che tradotto in volume fa appena 1,8 milioni di ettolitri di rivendita ed una revenue di appena 3,3 milioni di €.
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Il mercato No-Low Alcol
Anche questo sta diventando un settore importante del mercato vinicolo. Secondo Drink International entro il 2026 assisteremo ad un aumento del 7% nei ricavi di questo settore, e nel solo 2022 ha visto un aumento di consumi fino a 11 miliardi di $, un valore che nel 2018 era solo di 3 B$.
La maggiore spinta è sicuramente l’aumento di consapevolezza sulla propria salute da parte dei consumatori, e migliorare la propria dieta, con cibi e bevande meno dannosi è certo il motivo principale. In volume le bevande No-alcol sono cresciute del 9% nel 2022 e rappresentano il 70% dell’intero mercato, con birre e sidro che contribuiranno più di tutte. Insomma, le bevande No-alcol cresceranno più di quelle Low-alcol, secondo Susie Goldspink, responsabile del settore all’IWSR Drinks Market Analysis. I mercati più promettenti sono Germania, Spagna, USA e UK.
Il mercato sta diventando interessante anche per le grandi cooperative vinicole, che si sono incontrate presso la sede di Caviro ad ottobre dello scorso anno, nell’ambito del Forum Mondiale delle Cooperative Vinicole 2022. L’ipotesi è che le cooperative vogliano iniziare a fare pressing verso la Comunità Europea per inserire le categorie No-Low alcol all’interno di denominazioni protette, se non proprio delle DOC o IGP. Le motivazioni, secondo Ignacio Sanchez Recarte, presidente della CEEV, stanno proprio nella crescita della domanda in questo settore, e se le aziende produttrici di vino non entrano nel mercato, lo potrebbero fare altre aziende proponendo prodotti non basati sul vino.
È un grande mercato, visto che si prevede varrà 68,9 miliardi di dollari entro il 2030, e la maggior parte di questi soldi potrebbe andare alla GDO, che come ho scritto sopra a proposito del vino sfuso, ha la possibilità di accedere a vino base non di denominazione. L’intento quindi è inserire anche le bevande No-Low alcol a base di vino nelle categorie delle denominazioni DOP e IGP.