Photo by Sangga Rima Roman Selia on Unsplash
Ciao,
la storia dell’Europa e dell’acqua da aggiungere nel vino ha avuto il suo momento di evidenza che poi come sempre è sfumato. Annacquato, potremmo dire, da altre notizie.
Qui il problema è duplice, ossia spiegare la notizia e capire come le stesse notizie vengano rilanciate da quotidiani anche di prestigio nazionale.
Come si toglie l’alcool dal vino
Iniziamo dalla notizia: no, nessuno ha mai detto di voler aggiungere acqua al vino per diminuire il grado alcolico. Quello di cui si sta parlando è il cosiddetto vino dealcolizzato, o dealcolato, ossia vino a cui successivamente viene eliminato quasi del tutto l’alcool. Forse può sembrare una pratica assurda, agli amanti del vino, ma è un mercato da esplorare anche questo.
La prima fase nella produzione di vino dealcolato è proprio la produzione del vino, che avviene come per ogni altro vino. In pratica, quando esce dal tino di fermentazione, è normale vino, con un tasso di alcool uguale o superiore al 9%.
A questo punto il vino subisce il processo di eliminazione dell’alcool, la dealcolizzazione appunto, che avviene con due tipi di tecniche, la distillazione o il filtraggio.
Nel primo caso si porta il vino a temperatura elevata per far evaporare l’alcool, nel secondo caso si fa passare il vino attraverso delle membrane che bloccano le molecole di alcool. I processi sono naturalmente più complessi di così, ma è solo per inquadrare i meccanismi. Ci sono anche metodi che utilizzano pompe a vuoto per l’evaporazione dell’alcool, in modo da non dover alzare la temperatura del vino che subirebbe delle modifiche al sapore.
La cosa importante da tenere presente è che il filtraggio, il metodo più usato perché meno invasivo, viene già utilizzato per abbassare il grado alcolico di alcuni vini che, anche a causa dell’innalzamento delle temperature, comporta una maggior concentrazione di zuccheri nell’uva. Non viene però aggiunta acqua, pratica non ammessa.
Il vino è composto da acqua per l’85-90%. Un litro di vino con alcool al 12% contiene 120 ml di alcool: i restanti 880 ml sono composti da acqua e da tutte le altre componenti del vino come tannini, zuccheri residui, resveratolo, polifenoli, e altri circa 300 molecole, il cui peso però è minimo. Diciamo che il nostro litro di vino a 12% di alcool contiene 850 ml di acqua.
Ecco, il processo di filtraggio elimina anche parte di quest’acqua, aumentando quindi la concentrazione delle altre componenti.
Quello di cui si sta discutendo al Consiglio Europeo è la proposta di poter ripristinare l’acqua eliminata dal processo di filtraggio. La nota è questa, dove non si parla di vino ma di prodotti dell’uva (grapewine products). Proprio perché sotto l’8% di tasso alcolico non si può parlare di vino, tranne casi particolari.
Vi aggiungo anche due articoli, uno del Post e l’altro de Linkiesta, scritto da Jacopo Cossàter, che molti di voi conoscono come uno degli autori di Intravino, e che scrive per la rubrica Gastronomika. Entrambi gli articoli spiegano meglio di questa newsletter cosa sta accadendo. La faccenda quindi è un po’ diversa da quanto è stato rilanciato da alcuni quotidiani.
Informazione poco attenta
Quel che vorrei sottolineare di tutta questa storia è il meccanismo con cui quotidiani importanti (ma forse lo erano un tempo, prima di Internet) raccolgono e diffondono le notizie.
Intanto è l’approssimazione dell’informazione, che tralascia tutti i particolari che disegnano il contesto della vicenda. Senza quel contesto (come scrivo sopra e come soprattutto riportano i due link de Il Post e LInkiesta) vale tutto e il contrario di tutto.
Poi le fonti, una di quelle cose che fa invece l’articolo di Jacopo, non vengono analizzate, ma usate solo come spunto per scrivere un articolo. Spesso la fonte è un lancio di un’agenzia che i giornali riportano senza approfondimenti. Ed è una cosa che chi scrive un blog su Internet sa benissimo, come dovrebbe sapere ogni giornalista (a il Post e LInkiesta a quanto pare lo sanno). Di certo sono notizie che portano lettori al sito web, basta vedere la url del pezzo del Sole 24 Ore: https://www.ilsole24ore.com/art/il-vino-si-potra-annacquare-proposta-ue-abbassare-grado-alcolico, o quella de Il Giornale: https://www.ilgiornale.it/news/mondo/insetti-arriva-vino-annacquato-ecco-lultima-follia-dellue-1944787.html
Un titolo così viene subito letto e condiviso da tutti quelli che leggono solo i titoli, e i quotidiani lo sanno benissimo (e pure molti dei rappresentanti politici). Diciamo che mi stupisce che siano riusciti a scrivere la parola ‘annacquato’ senza errori.
Poi, è il caso di dirlo, ognuno tira acqua al proprio mulino e quindi si sbraita come al solito con l’Europa (ma senza indicare se sia il Consiglio o la Commissione o il Parlamento). Però porta consensi, fa aumentare l’astio verso questa o quella istituzione a seconda di cosa fa comodo. Ai quotidiani interessa traffico web, e fanno quello che fanno i peggiori blogger, ossia il famoso titolo clickbait. Passata l’onda del momento, si cerca un’altra notizia da dare in modo poco chiaro e si passa alla prossima campagna di marketing.
Bevande non alcoliche derivate dall’uva
Vediamo qualche numero sul commercio del vino dealcolato.
Secondo quanto riporta WineIndustry Advisor in un articolo di febbraio 2020, il mercato dei vini non alcolici potrebbe crescere fino a 10 miliardi di dollari entro il 2027. Per confronto, il mercato totale del vino vale attorno ai 400 miliardi di dollari. Una percentuale ancora piccola, ma 10 miliardi sono sempre 10 miliardi. L’Europa ha la fetta più grande di questo mercato con circa il 40% anche se sono gli Stati Uniti a crescere più velocemente di altri. Dentro ci troviamo giganti del vino come E & J Gallo Winery, Treasury Wine Estate, Castel Frères e McGuigan. C’è una sigla per indicare queste bevande, NoLo, ossia no-low alchool.
Vengono prodotti drink aromatici e sciroppi, ed anche le grandi distillerie stanno iniziando a guardare questo settore, producendo bevande non alcoliche a base di prodotti dealcolati dell’uva (scusate il giro di parole). Associando queste bevande a contenitori come le lattine, leggere, a basso impatto ambientale, si può creare un settore merceologico esplosivo. Vi metto il link anche di questo articolo su Drink Business.
Insomma, benché giovane (il settore ha iniziato ad avere una certa importanza solo un paio di anni fa) questo mercato ha molte potenzialità. Di certo gli appassionati di vino storceranno non solo la bocca ma tutto il corpo, e sicuramente non potrà essere chiamato ‘vino’, visto che tecnicamente non lo è. Ma anche in UK il Prosecco ha avuto un forte aumento di vendite perché gli inglesi lo hanno sostituito allo Champagne (molto più costoso) per la creazione di cocktail alla frutta.
Quindi piaccia o non piaccia è il mercato e le sue logiche finanziarie a stabilire se un prodotto avrà futuro o meno, oltre alla capacità del marketing di proporlo. Credo anzi che dovendolo differenziare dal vino vero, queste bevande diciamo NOLO-wine troveranno metodi innovativi per proporsi ai consumatori.
Vi lascio con un ultimo consiglio (ma sono sicuro che già lo fate): non fermatevi ai titoli dei quotidiani, leggete tutto l’articolo e soprattutto chiedetevi sempre da dove arriva la notizia. E se l’argomento vi interessa, andatevi a leggere la fonte primaria, oggi è piuttosto facile. C’è Internet, ma forse alcuni grandi organi di informazione ancora non la sanno usare.
Grazie per aver letto questa newsletter. Se vuoi avere più notizie e approfondimenti, puoi pensare di scegliere la versione in abbonamento annuale. Puoi anche accedere a Patreon e iscriverti lì, i contenuti sono gli stessi. C’è anche il gruppo Telegram https://t.me/digitalwinelovers, dove potremo chiacchierare di vino e di tecnologia insieme agli altri componenti che già partecipano. E naturalmente il podcast, The Digital Wine, che puoi ascoltare con qualunque piattaforma e app, da iTunes a Spotify, da Spreaker a Overcast, Google Podcast e Podcast Addict.