Sono in aumento le regioni vinicole che hanno scelto di eliminare centinaia di ettari di vigneto per far fronte alla diminuzione di domanda. Chi sembra non avere problemi è la community dei collezionisti di vini pregiati, a fine febbraio un’asta da Christie’s ha fruttato ben 6 milioni di dollari. Ed infine, come sta incidendo in champagne il cambiamento climatico.
Estirpare i vigneti per diminuire la produzione
Ne avevo già scritto, c’è un eccesso mondiale di produzione di vino e quindi aumentano le giacenze nelle cantine: meno vino venduto, sempre meno spazio per la nuova vendemmia e naturalmente meno guadagni per le aziende vinicole. Succede in Francia, in California, se ne parla in Italia e la prossima sembra essere l’Australia. Non bene, insomma. Giusto per fare il conto, in California si prevede di distruggere 12.000 ettari di vigneto, in Francia l’anno scorso hanno distrutto 9500 ettari a Bordeaux grazie ad un finanziamento dell’Unione Europea, oltre ad aver letteralmente gettato via parte del vino prodotto in eccesso e mandato il resto alla distillazione di crisi.
Parte dei finanziamenti dovrebbe servire anche per aiutare i produttori a passare dalla produzione di vino ad altre colture, come l’olio. L’Australia ha tanto vino rimasto in cantina a causa dell’aumento dei dazi con la Cina, che è finito nel 2023 ma è durato quattro anni e questo ha significato che il vino australiano è rimasto praticamente invenduto. Per questo sono stati distrutti vigneti per quasi l’8% della superficie vitata australiana, stiamo parlando di 4800 ettari di vigna e questo solo per iniziare. I vigneti distrutti erano destinati alla produzione di vini rossi di fascia economica, ossia quelli più venduti. In Australia le giacenze sono circa 20 milioni di ettolitri, una quantità esorbitante se pensate che la produzione annuale media è di 13 milioni di ettolitri, e nel 2023 le esportazioni sono diminuite del 10% in valore.
La tendenza alla diminuzione dei consumi è mondiale, però, in media si stima attorno al 4%. In Italia le cose vanno più o meno allo stesso modo, con un eccesso che è arrivato, nel 2023, a 15 milioni di ettolitri, al netto delle vendite. Veneto e Puglia, le regioni che producono più vino, sono anche quelle che ne hanno di più di quello invenduto, per la maggior parte vino a denominazione, e quindi si sta seriamente pensando alla distruzione di vigneti anche qui da noi. Non tutti sono d’accordo naturalmente, Unione Italiana Vini è contraria, Coldiretti è possibilista, nel frattempo l’anno scorso è stata attivata anche in Italia la distillazione di crisi ma questo non riuscirà a far diminuire di molto le giacenze. Cercare nuovi mercati non è possibile, ormai sembrano tutti saturi, ma ci sono alcune strade da seguire. La prima è, naturalmente, diminuire le rese per ettaro che negli ultimi anni stanno diventando davvero eccessive. Poi limitare l’autorizzazione a nuovi vigneti, Veneto Sicilia e Puglia sono le regioni che hanno aumentato, in totale, del 42% la loro superficie vitata nel corso degli ultimi anni.
C’è anche la possibilità di usare il vino in eccesso per la produzione di cocktail e drink a base di vino, o per i prodotti a bassa o nulla gradazione alcolica. Non è una grande produzione naturalmente, non riuscirebbe a diminuire di molto l’eccesso però servirebbe al mercato italiano per entrare in un settore che è davvero in espansione e che rischiamo di lasciare ad altri, ne parlerò in un episodio dedicato.
Ancora un’asta milionaria di vini da Christie’s
Christie’s, la famosa casa d’aste londinese non è certo nuova a vedere cifre elevate nelle aste di collezioni di vini, ma sei milioni di sterline sono sempre una bella cifra. L’asta di dicembre 2023 è stata chiamata Six Decades of Collecting, 60 anni di collezione, e si è svolta fra Hong Kong e Londra per conto del Dr. Allard Botenga, probabilmente uno dei più grandi collezionisti di vino del mondo che appunto da 60 anni recupera e colleziona vini pregiati.
La collezione comprendeva 753 lotti con annate dagli anni ’40 agli ’80 di Lafite, di Latour, di Margaux di Mouton, c’erano le annate 1945, 1947, 1961. Uno dei lotti era composto da una verticale completa di Mouton dal 1945 al 1995, e poi una Magnum rarissima di Haut-Brion 1926. Queste bottiglie erano state acquistate nel 1979 in un’asta, ancora da Christie’s, ed appartenevano all’ex proprietario dello Château Haut-Brion, Clarence Dillon, deceduto nel 1979. In altri lotti c’erano bottiglie di Cos d’Estournel 1947 e 1961, una Magnum di Gruaud Larose 1921, un Pichon Baron 1961. Insomma vini davvero spettacolari.
La prima parte dell’asta è avvenuta a Hong Kong a novembre 2023 ed aveva fruttato circa 1,8 milioni di sterline. Il mercato asiatico è sempre stato un buon posto per la vendita di vini pregiati, ed è stato un traino di marketing per la seconda parte. Naturalmente poi metto tutti i link di approfondimento nella mia prossima newsletter. La seconda parte si è invece svolta a Londra a fine febbraio, ricavando altri 4,2 milioni di sterline.
Non c’erano solo vini francesi, sono stati presentati anche bottiglie di Porto ed altre di Penfolds australiano. La collezione milionaria di vini del dottor Botenga è piena di etichette spettacolari. Nel 2023, la stagione autunnale in Asia di Christie’s è stata eccezionale, un’asta dei vini milionaria dopo l’altra. Il mercato asiatico è in deciso aumento per i fine wines, in controtendenza con il resto del mondo, in particolare Taiwan, Sud Corea e Giappone.
Il Dr. Allard Botenga è un radiologo in pensione che abita all’Aia, in Olanda. Lo scantinato del palazzo dove abita è un vero e proprio labirinto con migliaia di bottiglie di vini di alto pregio, con tre cantine separate per l’invecchiamento. Il cellophane protegge le etichette, e vengono registrate meticolosamente le informazioni di ogni vino sia in forma cartacea, su grandi libroni a righe, che in forma digitale. Sono anche disponibili tutte le fatture originali ed è indicato perfino l’ullage, quella distanza fra liquido e tappo che viene usata come indicatore per l’invecchiamento che per via dell’evaporazione fa diminuire il livello del vino nella bottiglia.
Ha iniziato a costruire la sua collezione di vino nel 1956 quando studiava all’Università di Utrecht. Durante una cena assaggiò un calice di Château Léoville Las Cases del 1947 e se ne innamorò. Per sua stessa ammissione, quando il prossimo anno compirà 90 anni vuole brindare con una bottiglia della stessa annata. La passione per i vini pregiati lo portò a girare per tutta Europa, riempiendo il baule della sua auto di casse di etichette francesi. In poco tempo la sua collezione arrivò a 55.000 bottiglie, e dice di aver assaggiato ogni singolo vino. La vendita della sua collezione milionaria di vino svuoterà quasi totalmente la sua cantina, che al momento dell’asta conteneva 17.500 bottiglie. La collezione del Dr. Botega è una delle più grandi collezioni europee, contiene vini datati 1914. Non era una forma di investimento, lui è sul serio un appassionato di vino, le bottiglie le aveva acquistate per assaggiarle con la famiglia e gli amici.
Il cambiamento climatico in Champagne
Nel 2023 c’è stato un aumento della produzione di cuvée di Champagne, che è la risposta che i produttori della regione stanno provando a dare per far fronte ai cambiamenti del clima e ai conseguenti cambiamenti di gusto degli appassionati. Secondo il responsabile di cantina di Piper-Heidsieck, Emillien Boutillat, c’è oggi una offerta di Champagne molto più ampia rispetto a qualche anno fa. Sono in aumento gli assemblaggi premium di extra-brut e monovarietali. L’esplosione delle nuove offerte non è un evento inaspettato o casuale, ma il risultato di scelte di settore prese anche dieci anni fa, il tempo necessario per preparare una nuova cuvée di Champagne. Sta cambiando anche la predisposizione dei produttori francesi, che sono molto più sensibili ai cambiamenti climatici e non dimentichiamo i consumatori molto più attenti alla loro salute. Molto sta facendo anche l’interesse che sempre più star di Hollywood e della musica stanno dimostrando per gli Champagne, in particolare rosato.
Soprattutto per quel che riguarda la sostenibilità ambientale, è dal 2019 che Piper-Heidsieck ha iniziato una produzione più attenta al tema. Sono stati fra i primi a seguire il programma di viticoltura sostenibile per lo Champagne, introdotto nel 2014, e sono certificati dal 2015. La cuvée Essentiel, un Blanc de Noirs uscito nel 2023, è prodotto solamente con uve certificate. Analogamente stanno facendo altre maison che utilizzano soprattutto uve a bacca rossa; questo è un cambiamento rispetto al classico Blanc de Blanc tipico della regione. Bollinger ha prodotto ben tre Blanc de Noirs, e lo stesso ha fatto Armand de Brignac.
Produrre una Cuvée di Champagne significa assemblare insieme uve diverse provenienti da annate diverse, e questo vuol dire che il produttore deve avere una grande conoscenza delle proprie uve. In un Blanc de Noir, in genere Pinot Noir e il Pinot Munier, i vini vengono assemblati con lo Chardonnay per aumentarne la finezza. Negli ultimi 15 anni però le uve rosse stanno diventando meno pesanti rispetto a prima, mostrando una eleganza che prima non avevano. Ed il cambiamento climatico ha avuto un forte impatto sull’uso di queste uve nell’assemblaggio delle nuove Cuvée di Champagne.
Naturalmente anche le uve a bacca bianca hanno subito dei cambiamenti, donando ad esempio ai vini bianchi una struttura maggiore, arrivando prima a maturità. Ad esempio questo implica che è possibile ottenere una cuvée interamente da Chardonnay senza dove aggiungere il liqueur de expedition e produrre pas dosé di alto livello. È ad esempio il caso di Ruinart, che produrrà il Blanc Singulier esclusivamente da Chardonnay, ma solo nelle annate più calde. E queste sono, ormai, sempre più frequenti.
In alcuni casi l’aumento del numero di cuvée non dipende dai cambiamenti del clima ma dalle modifiche che i produttori hanno intenzione di attuare nei loro vini. Gli Champagne monovitigno stanno aumentando fin dagli anni ’90, sottolineando così l’appartenenza di vini molto legati al loro territorio e meno alle pratiche di cantina. Una tendenza che è stata ripresa dalla tradizione dei vini di Borgogna, dove il legame ad ogni parcella di territorio è più che evidente fin dai nomi dei vini. L’interesse dei produttori francesi quindi si sta spostando sul terroir, dopo un periodo in cui la visione si stava perdendo. Ora invece in Champagne sta aumentando la vinificazione separata di ogni parcella, per creare comunque una Cuvée più ristretta. Questo ha dato ai viticoltori la certezza di poter creare Champagne monovitigno ugualmente equilibrati, e così hanno iniziato ad imbottigliaeseparatamente anziché assemblarli in una cuvée.
In altri casi invece viene usato un sistema che ricorda molto quello delle soleras usato per il Porto o il Marsala. Questo lo fa ad esempio Henri Giraud, che utilizza due serbatoi continuamente pieni di vino, rabboccato anno per anno. Uno dei serbatoi risaliva al 1990, l’altro agli anni ’50; in questo modo ogni assemblaggio conterrà almeno una parte di vino delle vendemmie passate. Ultimamente è stato aggiunto chardonnay del 2019, per questo l’etichetta si chiama 90-19.
Moët & Chandon ha assemblato il suo Champagne di punta, l’Impériale Création No. 1, su vini base del 2013; sono previste uscite biennali fino al 2043, anno del 300° compleanno della maison. Nelle botti c’è il vino di sette annate differenti che verrà usato come vino base per la Cuvée di Champagne. Anche altre maison stanno ormai da tempo sperimentando nuovi modi per l’assemblaggio delle loro cuvée, usando annate diverse o vini da parcelle specifiche ma ben identificate.
Di certo lo Champagne sta tornando ad essere popolare, rendendolo più interessante e meno snob rispetto alla sua tradizione.