Prima newsletter dopo le vacanze estive, qualche piccola notizia divertente dal mondo Tech Food (o come vogliamo chiamarlo) ed una nota di servizio.
L’8 settembre sarò ospite del Food&Wine Tourism Forum a Grinzane Cavour, che quest’anno è dedicato al cambiamento già dal titolo: Change. Io parlerò di strumenti digitali ed enoturismo. Non sarà una conferenza colta, parlerò una trentina di minuti, forse qualcosa meno, ma punterò sull’evidenza di cosa succede in posti come Napa e Australia e il confronto con l’Italia.
Vedremo poi gli errori che si fanno nell’uso della tecnologia digitale e come fare a risolverli. Se passate da quelle parti, potete iscrivervi sul sito dell’evento. Dopo la conferenza comunque ne parlerò sul podcast, e spero anche di fare qualche intervista interessante da condividere con gli iscritti.
Far crescere le bistecche
Vediamo cosa stanno facendo alcune aziende tecnologiche in campo alimentare; non è propriamente tecnologia digitale, ma sempre di innovazione si tratta. Sembra una cosa un po’ strana, ma forse è una delle strade da percorrere per far fronte alle carestie e alla mancanza di cibo per intere popolazioni. Certo, il passo successivo dovrebbe essere quello di rendere disponibili queste nuove quantità di cibo a quei popoli, a quegli esseri umani che oggi, nel terzo millennio, patiscono la fame.
La bistecca al pascolo
SciFiFoods è un’azienda nata nel 2019 in California e che ha già ottenuto 22 milioni di dollari di finanziamento e che, come riporta nel suo sito web, vuole coltivare la carne invece di ottenerla uccidendo gli animali. Il sito web è piuttosto kitch, sembra uno di quei blog degli anni 90 con le stelline o i cuoricini che scendevano nello schermo. Qui invece ci sono delle specie di bolle di sapone con delle mucche dentro. Per produrre queste bistecche utilizzano bioreattori dove vengono fatte crescere le cellule degli animali che poi formeranno la bistecca. La coltivazione di colture cellulari è una tecnica già nota, si usa anche nelle cure di particolari malattie o nella tecnologia dei trapianti, quindi niente di nuovo. Le cellule usate non hanno tracce di antibiotici, cosa di cui invece spesso gli animali sono pieni.
Un’altra azienda di cibo tecnologico è Novel Farms, anche loro californiani e nati nel 2020, fino ad ora hanno avuto poco più di 2 milioni di dollari di finanziamenti. Anche loro fanno crescere colture cellulari in ambienti dedicati, e sul loro sito campeggia una ragazza che si sta mangiando un panino al prosciutto. In home page spiegano che il famoso prosciutto iberico è costoso e difficile da produrre, mentre con il loro sistema si abbattono i costi, e non i maiali. Hanno da poco lanciato anche la loro lonza di maiale.
Ancora in California troviamo New Age Eats, cibo new age, roba da anni 70 e viaggi in India per ritrovare se stessi. Sono nati nel 2018 ed hanno avuto fino ad ora 32 milioni di finanziamento, l’ultimo da 25 milioni a settembre dell’anno scorso. Anche loro sono specializzati in maiali, insomma in prodotti nati da cellule di suino. Il loro piano di sviluppo prevede la ‘fabbricazione’ di pizza e gli immancabili spaghetti con le polpette. Il loro slogan? The joy of pigs, ossia la gioia dei maiali.
Le nuove tecnologie per il cibo
A parte le evidenti battute che si possono fare, ed anche le ovvie critiche ai metodi. I puristi sono di certo contrari ad una cosa del genere, e per carità, se parliamo di gusto non c’è dubbio che la bontà di una bistecca non dipende solo dall’animale, ma soprattutto da quel che mangia.
Sono però le prime sperimentazioni di questo tipo, sono le aziende che provano a capire come il settore può evolversi e soprattutto come risponderà il mercato. A livello di sicurezza alimentare, ricordando il problema degli antibiotici, di certo sono più sane rispetto a molte delle bistecche che troviamo in giro. Per quanto riguarda il potere nutrizionale, non ci sono ancora studi precisi sull’argomento. Come però dicevo nell’introduzione, queste tecnologie potrebbero essere una possibile via d’uscita per quei popoli che oggi non riescono ad alimentarsi. Per quelle persone che non hanno da mangiare.