Dopo due anni di stop è ritornato l’evento ViniVeri nell’area Expo di Cerea, ed è stata una bella occasione per ritrovare amici ed assaggiare vini.
Partito la mattina alle 7 da Roma, arrivato puntuale alle 10.20 a Verona, giusto il tempo di prendere un caffè in stazione e poi autobus 144 fino a Cerea, in modo da stare in fiera alle 11.
Buone e veloci le procedure di ingresso, mascherina e controllo Green Pass di routine, a quell’ora non c’era nemmeno fila all’ingresso. Subito fuori un banchetto con la solita tracollina rossa sponsorizzata da ViniVeri, il calice e, novità, un bicchiere di cartone rigido da usare per sputare e versare il vino non bevuto. Una buona soluzione igienica, devo dire. All’interno un paio di damigiane di vetro con un grande imbuto per svuotarla. E poi naturalmente il solito libretto con tutte le cantine elencate ed il numero del banco, in modo da ritrovare velocemente la cantina desiderata.
Quest’anno gli espositori erano divisi nei due padiglioni, quello storico in mattoni rossi e il padiglione moderno. Sembrava che ci fosse meno gente proprio per questo, ma c’erano comunque oltre 100 espositori ed il pomeriggio il numero di visitatori era visibilmente aumentato.
Per quanto riguarda la qualità dei vini assaggiati, forse quest’anno era più evidente la differenza fra i soliti noti e altre cantine new entry. Queste ultime mostravano, in media, ancora un po’ di immaturità, qualche vino non era proprio perfetto ed altri non avevano quelle caratteristiche per farsi ricordare.
Direi che su tutti metto il Concrete di De Fermo e lo Chardonnay di Mlecnik, il Dolcetto di Cappellano e il Montepulciano d’Abruzzo di Praesidium.
Buoni i vini di Casa Coste Piane, di Agricola Milana (ottimi i bianchi a base di Malvasia), e molto particolari quelli di Feudo d’Ugni, quasi sperimentali e da assaggiare in occasioni più rilassate che non una fiera.
Come pecca generale della fiera, la mancanza di cibo, o meglio la difficoltà di farsi un panino o comunque mangiare qualcosa prima o durante le degustazioni. Insomma, mancava il pane. C’erano i banchi con formaggi e salumi, marmellate, miele, ma volendo mangiare qualcosa l’unica possibilità era il ristorante, dove i prezzi non erano esattamente popolari.
Visto che arrivavo da Roma con solo un cappuccino ed un cornetto di prima delle 7 della mattina, avevo proprio necessità di mangiare qualcosa di sostanzioso prima di iniziare gli assaggi. Fortunatamente subito fuori la fiera, sulla strada principale, un forno mi ha rifornito di pane veramente buono, che poi sono riuscito a farmi riempire con una fetta di formaggio ed una di prosciutto ad uno dei banchi gastronomici.
Molte aziende sono rimaste un po’ deluse dalla mancanza di operatori internazionali, che in effetti non erano tantissimi almeno il sabato. Non penso che ne siano arrivati nei due giorni successivi, visto l’inizio del Vinitaly.
Questo può essere un problema per chi produce vino naturale o artigianale, come volete chiamarlo. Ma qui si apre un capitolo a parte, e riguarda la comunicazione.
È vero che ci sono state molte interazioni su Facebook, ma Instagram è stato davvero poco usato, mentre per un evento come una fiera del vino forse sarebbe stato più adatto. Più veloce da usare come app, consente di avere più interazione sia con chi produce le immagini e le stories che con chi le guarda.
Considerando che Facebook ha un’età media degli utenti più alta rispetto ad Instagram, forse il problema è proprio quello, ossia una comunicazione poco adatta all’evento. Immagini e video sono ovviamente più dinamici rispetto ad un post su Facebook, e probabilmente avrebbero dato anche un tono più giovanile a tutto l’evento.
Il movimento dei vini naturali a volte sembra un po’ troppo ingessato, l’impressione è che molti produttori vogliano fare vini filosofici, e quindi sentirsi superiori a certe cose moderne come la comunicazione. Non parlo solo di social network, ma anche della comunicazione nei siti web, pubblicità e banner sui principali web wine magazine.
E la comunicazione dovrebbe iniziare almeno una settimana prima dell’evento, mostrando ad esempio tutti i preparativi della fiera, l’arrivo dei vini, insomma far muovere un po’ l’interesse prima che la gente arrivi in fiera.
Questo forse è anche una delle cause della scarsa presenza degli operatori internazionali, forse poco coinvolgimento.
Fatto sta che è il mercato estero che spinge il vino italiano che, ricordo, esporta quasi il 60% della produzione nazionale.
Di certo il fatto di essere stati fermi per due anni e di aver anche cambiato la presidenza dell’associazione non ha aiutato nell’organizzazione. A mio parere, inoltre, la qualità delle passate edizioni era leggermente più alta, specialmente per quel che riguarda le aziende vinicole meno conosciute. Ma anche questa è una conseguenza dello stop di due anni e dell’incertezza nella possibilità di fare questa edizione 2022.