Ciao!
No, il gap non è un nuovo tipo di bicchiere o contenitore per bere vino o birra o altri liquidi a scelta. Il gap a cui mi riferisco è il gap di conoscenze.

Cerchiamo di dare qualche definizione. Il divario di conoscenze è quella differenza che esiste tra mercati, tra popoli, quando si fa la stessa cosa. Ad esempio nella produzione di acciaio, nell’agricoltura, nell’industria del cinema.
È normale che ci siano differenze, lo sviluppo non è omogeneo; qualche paese è più avanzato nella tecnologia, altri nell’agricoltura, altri ancora sono i driver dell’industria del cinema.
Da marzo di questo drammatico anno 2020, in Italia abbiamo assistito ad un balzo in avanti di almeno 5 anni. Persone e piccole aziende che prima guardavano con sospetto l’innovazione tecnologica, oggi si sono rese conto di come invece il loro modo di lavorare è cambiato. Non sempre in meglio, naturalmente, ma questo è il prezzo da pagare durante i periodi di cambiamento, naturali o imposti dalle circostanze.
Non crediate che ai venditori di ghiaccio abbia fatto piacere l’invenzione e la diffusione dei frigoriferi. O ai maniscalchi l’invenzione dell’automobile. Ogni nuova scoperta, ogni nuovo strumento ha sempre subìto un ostracismo da parte di qualcuno. Nell’800 il treno era considerato pericoloso per le donne in gravidanza, e il telefono era visto come un sovvertimento della società.
La stessa cosa accade oggi con il 5G, con gli smartphone, con l’Intelligenza Artificiale. Fra 5 anni useremo tutte queste cose senza problemi, e combatteremo contro altre innovazioni ancora da venire.
Il problema di quando un balzo tecnologico viene fatto in pochi mesi, è che non abbiamo il tempo per prendere confidenza con i nuovi strumenti, sia dal punto di vista pratico che etico.
Tutti noi abbiamo dovuto imparare velocemente ad usare piattaforme di videochiamata, abbiamo usato una VPN per collegarci alla sede di lavoro, abbiamo imparato a comprare in rete anche beni di prima necessità.
Ma imparare ad usare nuovi strumenti tecnologici è, alla fin fine, piuttosto semplice. Ci manca invece imparare ad impostare una strategia, nella vita quotidiana o in quella aziendale, che tenga conto di questa trasformazione digitale accelerata.
Parlando del settore del vino, per fare un esempio, paesi come Australia e Canada hanno puntato molto sulle tecnologie innovative. Erano già più avanti del Vecchio Continente da questo punto di vista, ma hanno visto che i nuovi sistemi potevano aiutarle nella produzione e soprattutto nella commercializzazione delle loro bottiglie. Anche la crescita di nuovi contenitori per il vino è da aggiungere agli eventi da tenere sotto osservazione.
Questo gap, in cui loro sono davanti, prima o poi dovrà essere riempito. Classici brand degli alcolici, come Constellation Brand o Campari, hanno stretto accordi con wine club e rivendite online, ma è stata necessaria una pandemia ed un lockdown mondiale per far capire che i nuovi canali non sono dei nemici ma degli alleati.
Il rischio qual è? Majestic Wine aveva fatto, nel 2015, un accordo con Naked Wines, che si è rivelato un abbraccio mortale, tanto che Majestic stava chiudendo tutti i suoi negozi fisici. Lo scorso anno l’accordo si è concluso, Majestic è tornata al suo business originario ma ha aggiunto un proprio e-commerce ed un wine club. La lezione è stata dura, ma hanno imparato a muoversi nel mondo del vino online.
La dimensione delle aziende vinicole italiane non consente di riempire i gap tecnologici che i grandi brand stanno colmando. Troppe sono ancora le cantine che hanno venduto qualche bottiglia solo facendo girare il proprio numero di telefono su Facebook, ed anche qui solo tra gli iscritti alla propria pagina.
Anche questo è un gap da colmare, ossia saper usare i mezzi di comunicazione social, il sito web, o un podcast perché no. Pensare di avere visibilità in rete senza spendere tempo e denaro, purtroppo è un’idea sbagliata.
Questo è il vero gap da riempire: non come si usano gli strumenti, ma come impostare una strategia commerciale usando quegli strumenti. Capire quali sono quelli più utili, capire dove sono i nostri clienti e appassionati ed essere presenti dove gli appassionati si trovano.
Le associazioni vinicole, Consorzi e Strade del vino non hanno mai mostrato di volerlo capire, per chissà quali motivi. In questo modo, nel corso di questi anni, hanno contribuito a rendere questo gap ancora più ampio, il gap fra produttori di vino e sistemi digitali.
I vignaioli, i viticoltori, i vinicoltori, dovranno farlo da soli.
Photo by Alex Radelich on Unsplash
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